MAAM – Museo dell’altro e dell’altrove

Mentre tutti i romani erano a pranzo al mare a godere del primo weekend veramente primaverile, io ho percorso l’intera arteria est prenestina fino ad arrivare al MAAM, Museo dell’altro e dell’altrove di Metropoliz.

Il MAAM è un vecchio mattatoio di maiali, occupato in prima battuta per fini abitativi e poi diventato polo alternativo per l’arte contemporanea, street art, graffiti e installazioni avanguardistiche, sempre sottoposto al ricatto dello sgombero.

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Salumi Fiorucci: buoni da soli, ancor meglio in compagnia! (Foto di Renato Nicolini)

Che sia legale o no, l’arte contemporanea ha spesso la falla che se non è fortemente quotata o mainstream, si tende a dire: «sì, vabbè»  o se si è di Roma «sticazzi» o il più arrogante: «ero capace anche io»; dell’arte classica invece si dice sempre: «wooow» pure se sotto sotto pensiamo che sì, boh, bravo, ma che noia. Questo perché siamo in entrambi i casi un popolo principalmente di ignoranti d’arte, nonostante tutto.

Infatti io, a parte scrivere qui che per me è stata una figata, non saprei dire altro. Se vi piace Bansky (facile, è un genio), Invader, Shepard Fairey, Ivan, Dumbo o chiunque faccia bei disegni sui muri, che anziché pensare se devi esercitarti a scrivere in grassetto, fallo a casa tua, su un foglio di carta, pensi ammazza ma come avrà fatto?, e se piuttosto che entrare al Louvre, fate a piedi su e giù la Tour Eiffel (io no, a me piace andar per musei) allora dovrebbe piacere anche a voi.

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Roxy: Find – Us (Foto dal loro Facebook)

Poiché il panorama langue di veri musei di arte contemporanea, e poiché quando si comincia finalmente a considerate la street art una vera forma d’arte poi succede come a Bologna che chi ci sputava sopra – per davvero, per ripulire i muri disegnati da Blu – poi decide di privatizzarla, andare al MAAM è una boccata di aria fresca:

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al posto di quei signori annoiati che stanno a vigilare nelle sale dei musei, ci sono le bambine e i bambini rom che ti prendono per mano e ti fanno fare il giro turistico.

Al posto del book shop e del bar pettinato, c’è un ristorante/bar, il Ristorante Meticcio, gestito da donne di ogni dove, con questo cartello appeso:

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Marco Cuppone – I’m not Peggy Guggenheim, (Foto dal lor Facebook)

Al posto del biglietto di ingresso e la riduzione studenti, ci sono 5 euro o un’offerta libera.

Al posto di rigidità, capelli biondi tinti e protesi di plastica, ci sono opere e installazioni ovunque, colori, sorrisi, materiali vivi, raggi di sole che entrano dalle vetrate un po’ sgarruppate.

Al posto della sala congressi, c’è la sala della terra, una stanza tutta ricoperta di terra e paglia con un grosso camino di terra cruda, un posto caldo.

Al posto di abbruttirci sempre sui nostri pensieri stessi gli stessi, mettiamo la testa fuori e andiamo a respirare un po’ di Altro e Altrove.

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Tre Grazie
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Le quattro stagioni

Il MAAM è a Roma in via Prenestina 913, praticamente al raccordo, e forse per questo sua lontananza dagli ambienti istituzionali e patinati e imbalsamati, si respira un’aria internazionale e vivace.
È visitabile solo il sabato e la domenica – durante la settimana è facile venir confusi dagli occupanti per forze dell’ordine ostili.

Per chi non considerasse rom e peruviani “internazionali”, è bene precisare che ci sono anche molti nordici con il cappottino aderente, giovani alla moda, signori alla moda, fricchettoni fuori moda, belle ragazze svedesi, artisti e artisti.

Per chi si muove solo se c’è qualcosa di universalmente riconosciuto, è da sapere che  Michelangelo Pistoletto ha lì esposto la sua Venere degli Stracci.

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Kobra, “Malala”. (Foto Dorothy Circus Gallery)

Oltre a consigliare vivamente di andare al MAAM, già che in questi giorni ho fatto un insolito bagno di urban art, auspico anche la visione di “Exit Through the Gift Shop” un documentario su graffististi americani del calibro di Bansky, fatto da un buffo street artist bislacco.
Venerdì sera il documentario, sabato al MAAM.

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Piazza Perù

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