Primo, secondo e terzo

Dopo oltre un anno di frequentazioni romane, di amici romani, locali romani, cucina romana e vita romana, mi sembrava di essermi integrata a Roma tanto che non trovavo più molte stranezze nelle abitudini di questo popolo meridionale.

Finché non ho conosciuto loro, i miei nuovi amici più meridionali, gli amici pugliesi.

È successo che ci siamo trovati a festeggiare il capodanno insieme, per le vie traverse dell’ultimo minuto, e poi con la scusa della cena degli avanzi e degli avanzi degli avanzi, è un mese che mangio, bevo e frequento loro.

I miei nuovi amici di giù sono sempre sorridenti, sono molto accoglienti, sono simpatici e mi faccio delle grasse risate, sono molto gentili, parlano con forti accenti di giù, sono calorosi e socievoli, ma non di quel calore caciarone dei romani, è un calore più discreto e più sodo, secondo me.
Con loro faccio molte cose, come andare a vedere le mostre e i musei, guardare i film, fare le passeggiate in giro per Roma, degustare i vini, ma soprattutto mangiare, c’è da dire questo.
C’è il gusto della convivialità, delle tradizioni e delle abitudini a tavola, un simposio del mezzogiorno che fa tanto pranzo della domenica in famiglia.

Io, modestamente, sono molto apprezzata perché mangio come una di loro, e anche peggio di almeno un paio di loro, ed è grazie a questa passione comune per il cibo che ho scoperto la faccenda de “il terzo”.

È andata così: una settimana fa, sfidando la neve e le Poste Italiane, è arrivato direttamente da Matera (vabbè, lo so che non è in Puglia ma quasi) niente popò di meno che il celeberrimo Il Pacco.
Il Pacco è quel pacco che con la scusa di spedire una cosuccia dimenticata giù, viene colmato di beni di prima necessità, secondo i parenti di giù, ovvero cibo. Ma anche carta igienica, pare.
In particolare questo Il Pacco conteneva le orecchiette fatte a mano dalla nonna e le salsicce fatte a mano dal nonno, e altre cose.
Quando arriva Il Pacco, si invitano gli amici di giù e si condivide.
Io, una di loro, anche: domenica scorsa ci siamo dunque trovati a pranzo a mangiare il caciocavallo fatto col latte di giù del nonno, la soppressata  e i salami sempre del nonno, le orecchiette della nonna con il sugo di carne, le polpette e le salsicce del nonno al sugo, e i pasticcini comprati a Ostiense.
A parte i pasticcini, una quantità che io non ho mai visto tanto sugo tutto insieme.

sugo
Sugo avanzato dopo aver condito le orecchiette e le polpette e le salsicce. Ma così non si capisce che cofana è.
sugo_proporzione
Così meglio, ma non ancora. Comunque era 4 volte tanto la mia mano.

I miei amici di giù provengono da tre punti diversi, la cui distanza massima non supera i 150 km, ma ho capito che è inutile dire Puglia, o Giù perché per loro è tutto un: “da me”.

Ovviamente il momento nel quale vengono sfoderati maggiori “da me” è quando si vogliono sottolineare le sfumature culinarie, ad esempio:
da me il caciocavallo si chiama scamorza;
da me la scamorza si chiama cacio;
da me il cacio si chiama ricotta;
da me le salsicce sono meno rosse;
da me le salsicce si chiamano salamelle (questo lo dico io);
da me si mangia la verdura;
da me la verdura non esiste;
etc.

Non ci si deve però immaginare un “da me” alla volta, si tratta più di un’orchestra polifonica composta da tre toni di pugliese differenti.
Funziona così: come le cicale in estate, nello stesso momento tutti iniziano a parlare, tutti insieme, e tutti a me perché loro sono amici da più tempo e non hanno bisogno di spiegazioni. Io, che sono milanese, rimango in silenzio e guardo un punto vago perché non so chi scegliere, ma anche perché spesso, come dicevo prima, sono occupata a mangiare.
Per attirare l’attenzione, allora parlano a voce più alta e mi tirano per il braccio. Io li guardo stupiti e loro si mettono a ridere. Un attimo di silenzio e poi si ricomincia da dove si era lasciato.
E dunque, eravamo seduti a tavola e mentre io mi ingozzavo di tutte quelle meraviglie che il sud offre e loro disquisivano dei metodi di produzione delle polpette, una voce si levò più forte e limpida delle altre:

e per terzo, cosa c’è?

Brividi di gioia.

Il primo è la pasta,
il secondo è la carne con il sugo,
il terzo è la carne arrosto con le patate.
E poi i dolci, la frutta, il caffè , gli amari.

Non c’era il terzo, per via delle contaminazioni alle quali sono soggetti venendo a vivere più a nord, ma che bellezza.

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