“Andiamo a pranzo al mare” è una frase che ho acquisito solo da poco tempo, e che cerco di ripetere più volte possibile. Ci sono anche le varianti “andiamo a cena al mare” e “andiamo a fare l’aperitivo al mare”. La bellezza di poter dire questa frase è che nel momento che la pronunci sei a casa tua a Roma, 50 minuti dopo sei con le gambe sotto al tavolo e i piedi nella sabbia.
“Andiamo al mare” e basta, nella sua accezione estemporanea di decisione dell’ultimo minuto, invece non è contemplata perché il mare nei dintorni di Roma è il fluido che più si discosta dalla mia idea di mare. Anche se i romani dicono che non è vero, che il mare a Ponza è stupendo: come se i milanesi dicessero che il mare vicino a Milano è bellissimo, ad esempio Olbia che in aereo ci metti 50 minuti.
Quindi al mare ci si va per mangiare, che comunque è la mia idea di felicità.
In particolare mi rende felice andare da Ascanio, uno dei miei posti preferiti al mondo.
Da Ascanio ci sono stata la prima volta nel mio secondo weekend d’amore romano. Era fine marzo e Matteo, svegliandosi un sabato mattina che era quasi un sabato pomeriggio, mi ha detto «Andiamo a pranzo al mare» e mi ha portato in un litorale sperduto nei pressi di Maccarese dove, in mezzo alle dune a 10 metri dal mare, si ergono una capanna di legno, qualche tavolo sconnesso, due griglie e una piccola cucina.
Quando mi ci sono trovata davanti, mi è venuto da piangere dalla gioia.
Spiego:
una delle mie canzoni di riferimento è Wanda, di Paolo Conte.
Ascoltatela qua sotto, nel caso in cui non la conosciate. Qui, il testo.
Mi era successo in passato di sentirmi un po’ nella canzone (l’avete ascoltata?), ma c’era sempre qualcosa di storto: a Punta Chiappa ogni amore è sempre stato un breve sogno e niente più e lo sapevo benissimo, a Bergeggi nessuno mi ha detto frasi che non mi hanno detto mai, a Porto Recanati un pugno di felicità e poi di corsa in bagno.
Lì, mi sono trovata Wanda 100%.

Ascanio è un omone a volte burbero a volte preso bene, bruciato dal sole, dal vento e dalla vita, che ti racconta aneddoti di quando si trovava faccia a faccia con Andy Warhol a farsi a Trastevere, mentre intanto costruisce cose con i pezzi di legno che trova sulla spiaggia, mentre intanto racconta gli stessi aneddoti al tavolo accanto, mentre intanto fuma come un vecchio lupo di mare, mentre si calca il cappello di lana in testa pure a luglio. E nel frattempo mangi
le bruschette con le alici,
la zuppa di cozze un po’ piccante,
la pasta con le vongole,
il pesce alla brace,
e a volte la crostata,
con il sole in faccia, il vento nei capelli e la schiena appoggiata alla baracca di legno abbandonata un pò così
sentirmi il sole in faccia e non vederti,
ma capir dalla tua mano che sei qui,
le note dei Beatles e le onde del mare in sottofondo.
E si sta da dio, che penso che non vorrei essere in nessun altro posto e che se mi sono trasferita a Roma da Milano è anche un po’ grazie ad Ascanio.
Ascanio non vuole che pubblicamente si riveli la sua posizione, e poi il bello è anche che te lo devi andare a cercare e sentirti fortunato quando lo si trova. O chiedere a un amico, che alla fine lo conoscono quasi tutti.


Pazzesco. Trovo questo post sulla pagina di Ascanio e si, mi ritrovo in pieno in quella canzone. 100% Archa, 100% quei giorni passati li, a pranzo in riva al mar…carezze qui carezze la 🙂
Da Milano a Roma poi non mi ci sono trasferita, ma quel posto è bellissimo.
Spero non diventi mai radical chic ma resti sempre genuino e decadente come è, sempre più spartano magari.
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Effettivamente i commenti sono abilitati, stamane non ero arrivato all’articolo dal lettore wp ma in altro modo che purtroppo non ricordo ma giurerei di non averli visti.
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