Continuo a spaccare il mio computer, così frequentemente che non so più se è il computer che mi sta mandando segnali, o se sono io che ne mando a lui, fatto sta che mi sta facendo spendere più soldi di quanti non me ne faccia guadagnare.
Il risvolto è che passo giornate di nullafacenza, esco, cammino, bevo caffè, leggo giornali e compro fiori.
A me i fiori recisi piacciono pure se hanno sofferto nel momento del taglio – infatti mangio anche l’insalata e le verdure – e a Roma è uno spasso perché la città è disseminata di fiorai. Il rapporto è 3 fiorai per 1 bancomat, e mi piace, perché odio prelevare e amo portarmi a casa i fiori, solo quelli molto profumati però, faccio eccezione per i tulipani.
Insomma, ci sono più fiorai che santi e soprattutto, sono aperti anche di notte. In una nazione che non possiede supermercati 24/24, parrucchieri aperti oltre le 19, bar attivi la domenica mattina, questa cosa dei fiorai notturni mi aveva subito stupito, trovandola geniale. Mi immaginavo una città che si dà agli amanti notturni, quelli che incontri direttamente a casa a fine serata, le passioni dell’ultimo minuto, quelli del messaggino da ubriachi, quelli dei primi tempi quando non sai se diventerà il padre dei tuoi figli, o figlio di una buona donna. Che insomma, a volte è stupendo e inaspettato, altre volte alla lunga è: li mortacci tua. Però, pure se li mortacci tua si presenta alle 2 di notte alla tua porta con un fiore in mano, vuoi non trovarlo stupendo e inaspettato?
Mi ero immaginata che questa fosse la ragione per cui i fiori si vendessero a tutte le ore del giorno e della notte, perché ero capitata in una città romantica, e anche per me stessa è un bel gesto romantico tornare a casa di notte e fermarmi sotto casa a comprare un narciso.

Siccome ho deciso di andare un po’ più a fondo nelle cose della mia vita, tornando a casa da una cena mi son fermata a chiacchierare con l’uomo dei fiori notturno, un gioviale egiziano. Gli ho chiesto come mai.
Mentre chiedevo, nella mia testa si scontravano le immagini di baci sotto le stelle contro buie scene di racket, cose losche, coperture, narcotrafficanti e sfruttamento del lavoro.
Nulla di tutto ciò, secondo il suo racconto: siccome la città è infestata di fiorai, bisogna che siano uno più allettante dell’altro; non possono permettersi di esporre cinque fiori e un cactus, devono essere edicole rigogliose e profumate come il carnevale di Rio.
Le edicole però sono quel che sono, e a fine giornata tutto il tripudio di flora non riesce a essere immagazzinato, per motivi di spazio. Dunque bisognerebbe o sbatter via tutto, o pagare (non molto) qualcuno che stia lì a sorvegliare, che magari passa di lì qualche amante notturno e ci scappa il business, al quale io ho contribuito.

Qualche giorno dopo, e cioè nella mia vacanza obbligata, ho comprato da un fioraio napoletano di quelli ambulanti sul camioncino, per soli 6 euro !!!: due mazzetti di fresie, un lilium e poi un margheritone rosso perché non aveva 30 cent di resto.
E gli ho chiesto come mai a Roma ci fossero più fiorai che pellegrini. Mi ha detto che qui, fino alla crisi, gli uomini erano effettivamente romantici, e che portavano i fiori a casa anche quattro volte alla settimana: «Ca’ è na’ cosà ca’ si usa, ave’ e’ sciur in casà. A Napolì, na’ uagliona diciottènn cu tre figlì, e’ sciur glielì tirà in capa o’ mari». Ora, a Roma, gli uomini portano i fiori alle loro famiglie solo il sabato o la domenica. Il concetto chiaro mi ha fatto sentire privilegiata e fortunata, finché non son tornata a casa e Matteo mi ha detto: «Ma che stai a comprà i fiori che nun c’hai na lira e hai pure frullato il computer.»
Poi ha preso un maxi bengala, quel fuoco d’artificio per dilettanti a pioggia scoppiettante che fai esplodere sul balcone, avanzato da capodanno e l’ha fatto brillare in casa.
Il romanticismo ai tempi della crisi.

Ma lo sai che non l’avevo mai notata questa cosa? O meglio non avevo mai notato che in altre città i fiorai chiudevano ad una certa ora! Pensavo che fosse ovunque come qua! Grazie!
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