Nascere prima

Nell’agosto del 1990 eravamo in vacanza in un paesino del Canton Ticino, era l’estate di Italia 90, io dovevo compiere sette anni, in macchina ripassavo con scioltezza le tabelline e la mia gatta Mandela era incinta per la prima volta. Una sera, dopo il giretto in piazza e il gelato, ero tornata a casa e avevo trovato Mandela ritta nella sua cuccia, forse faceva dei versi, non mi ricordo ma mi ricordo di averla assistita durante il suo travaglio e il parto: spingeva, si spostava e mi mostrava i suoi cuccioli nuovi di zecca. I gattini non erano usciti batuffolosi e teneri come me li ero immaginata, ma piccoli e pelati, più simili a topi perché erano nati prematuri. Mio papà mi disse che capitava che le gatte giovani partorissero in anticipo, era la natura. Andai a dormire nell’incertezza e mi svegliai la mattina dopo con tre cuccioli attaccati al mio corpo, e un altro sul pavimento sotto il mio letto, morto. Mandela mi aveva investito del ruolo di incubatrice, ruolo che mi commosse ma che non fu sufficiente per tenerli in vita. Io piansi per giorni, Mandela due mesi dopo era incinta di nuovo e questa volta mise al mondo due gatti forti sani e pelosi.

Questa era tutta la prematurità con la quale ero venuta a contatto fino a tre settimane fa, quando è nata mia figlia, a 29 settimane e 1090 grammi.

Ero ricoverata in ospedale per la rottura prematura del sacco amniotico e, se in un primo momento sembrava che il parto dovesse essere imminente, passato qualche giorno si ventilava la possibilità che, immobile nel mio letto, sarei potuta arrivare alle 34/36 settimane di gestazione, un buon tempo per partorire senza troppi rischi. E invece Eva ha deciso di tirare fuori la testa due settimane dopo e io ho imparato cosa significano l’amore, la pazienza, l’istinto materno e l’equilibrio.

Tutti ti dicono: “Massì, quello che non è cresciuto in pancia, cresce fuori! Bisogna solo aver pazienza!”
“Sì, certo”.
Non sai cosa stai dicendo.
Non è la pazienza di vedere la tua creatura crescere, è la pazienza che una mattina arrivi in terapia intensiva e trovi tua figlia con un tubo in gola, quando la sera prima ti avevano detto che respirava da sola.
E che il pomeriggio non ti ci fanno proprio entrare perché ha avuto un pneumotorace e la stanno drenando, e ha solo tre giorni di vita alle spalle.
E poi due giorni dopo ti sembra che stia benissimo, ti afferra il dito e fa anche un sorriso, viene nutrita del tuo latte e prende un po’ di grammi ma i medici ti dicono che la situazione è grave.
Perché i prematuri sono sempre in bilico tra le vita e la morte, e così tu, genitore di un prematuro, ogni mattina ti svegli, nel letto di casa tua, e non sai.
Tutte le volte che entri in terapia intensiva corri con lo sguardo alla sua incubatrice, e ogni volta che la vedi senza tubi e respiratori addosso escono lacrime di decompressione. O singhiozzi appoggiata alla sua incubatrice quando ti comunicano che qualcosa non va, e ti dicono: “Signora, ma non deve piangere davanti alla sua bambina, lei sente tutto.”, e allora sentirà quanto la amo e quanto vorrei donarle un mio polmone per farla respirare meglio, solo che col mio polmone lei può farci una tenda canadese per sé stessa e altri sette prematuri come lei, ché il latte materno la protegge ma cresce la metà dei suoi vicini nutriti col latte artificiale.
La pazienza non è il saper aspettare, ma l’accettare di provare il dolore più forte mai provato fino ad ora, per quanto mi riguarda. Che per quanto si patisce, si ama il doppio, è un amore fisico che te lo senti pure nei capelli.

Infatti poi te l’appoggiano sul cuore, pelle contro pelle, e di nuovo piangi perché ti sembra che il tuo cuore le possa scoppiare in faccia da quanto è pieno di amore e vita, che è eccezionale ma anche la cosa più naturale dell’universo, prima era nel tuo utero, ora appoggiata sulle tette, ogni tuo battito sono due suoi, vi ascoltate a vicenda, guardi il saturimetro e sta a 100 e fate l’unico sonno davvero profondo, abbandonate l’una nell’altra. E anche le tette piangono latte, sgorga come per magia non appena il tuo corpo registra il suo, e per un attimo non siete in ospedale con l’aria condizionata e tutti gli apparecchi che suonano, ma in mezzo al bosco e lei è il tuo cucciolo di lupo e tu la mamma lupa.

Tutti ti chiedono: “Cosa dicono i medici, quando uscirà?”. Niente, non esiste il lungo periodo, l’unità di misura in TIN (terapia intensiva neonatale) è: giorno per giorno. L’unica cosa che ti dicono tutti, medici e infermieri, è che i prematuri sono come gamberi, un passo avanti e due indietro. Bisogna farci l’abitudine.

Ti dicono: “Esci, svagati un po’”. Svagati?! Come posso svagarmi da mia figlia che ha imparato a respirare da sola solo tre giorni fa. Posso far finta al massimo di chiacchierare di qualcos’altro che non sia l’amore e la connessione costante che provo per lei e che sento con lei, ma perché dovrei svagarmi, staccare o distrarmi? Io non mi voglio sconnettere nemmeno un secondo da lei. Però mi piace molto andare a fare la spesa, comprare litri di acqua, chili di frutta e verdura, il pesce azzurro che ho letto che diventa più intelligente, il latte di avena, le vitamine e la pasta integrale, la tisana per l’allattamento e l’olio di mandorla, la crema Weleda e le salviettine per lavarla che costano di più con meno ingredienti dentro.

C’è anche questa cosa nuova, di essere diventati una famiglia ma poi tornate a casa e siete tu e il tuo compagno, da soli, e allora vi mettete sul letto a guardare le foto e i video, ma stare svegli oltre le 23 adesso è un’impresa pure per te che ti vantavi di essere insonne. Una stanchezza mai provata, perché tirarsi il latte ogni tre ore e fare avanti e indietro dall’ospedale è più stancante che avere il tuo bebè vicino a te tutto il giorno, e vorresti essere di più per il tuo compagno, ma gli metti una mano sul petto e ti si chiudono gli occhi, lui lo sa e ti abbraccia così.

Eva è nata da tre settimane e tre giorni e a me sembra di vivere nel nucleo centrale interno della Terra.

 

7 commenti Aggiungi il tuo

  1. Alessandra ha detto:

    È proprio così, è un amore profondo per questi piccoli che ancora “prima di nascere” stanno combattendo tante piccole e grandi battaglie. Io sto imparando davvero cosa sia la pazienza è la capacità di risolvere i problemi un passo alla volta. La mia cucciola fra due giorni fa il suo secondo complimese ed è nata a 26+6 e oggi siamo a 35+2.

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  2. Stefania Barzini ha detto:

    Questi incredibili giorni li ricorderemo per tutta la vita, non solo per quello che è accaduto ma per tutto l’amore che ci siamo scambiati. E’ stata una delle esperienze più forti e intense della mia vita. Assistere al mistero della vita ha sempre qualcosa di sacro e ti cambia in profondità. A me è accaduto.

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  3. cinzia scaffidi ha detto:

    Mio nipote, il figlio di mia sorella, è nato di 8 mesi, con una serie di problemi, alcuni dei quali hanno richiesto interventi chirurgici nelle prime 24 ore della sua vita, poi nel primo mese, e poi dopo 6 mesi, la terapia intensiva è stata la sua casa per i primi sei mesi della sua vita, con brevi pause in cui poteva venire a casa ma tutti noi avevamo la sensazione che fosse una specie di bolla di sapone, da maneggiare coni l terrore che potesse svanire. Era il 1997. Se può essere di qualche consolazione a voi che ci state passando adesso, sappiate che sta per iniziare il suo secondo anno di università, che mangia come un orco, e ha un carattere meraviglioso. Un abbraccio a tutte voi che state attraversando questa terra instabile.

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  4. Sarah ha detto:

    Forza coraggio. Alcune cose non si dimenticano. Nemmeno dopo anni credo. É una maternità diversa. Diciamo.
    I miei piccoli sono nati a 25settimane. È stata lunga e dura. Io non avevo latte e non potevo tenerli sulla mia pelle. Ci hanno messo un po’ a crescere. Oggi hanno un po’ più di due anni. Forza. Porterai la tua Eva a casa.

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  5. Elena ha detto:

    Ècapitato anche a me 22 anni fa …. adesso ho il mio ragazzo speciale unico …un uomo …. cerebroleso… ma c’è ha resistito … È la nostra linfa…. la patologia neonatale non si dimentica! In bocca al lupo auguro a tutti i genitori di bambini prematuri il meglio per loro! La medicina a fatto passi da gigante!

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  6. Altramamma ha detto:

    “Il tempo si misura un giorno alla volta”
    Ed è un’unità di misura incomprensibile a chi non c’è mai passato.
    Il mio grand’uomo ha passato in TIN solo 9 giorni, ma ne abbiamo fatti 116 inchiodati letteralmente a un letto di ospedale, subito prima.
    125 giorni rubati uno alla volta, spesso rapinati, strappati alle mani di un destino che sembrava avere carte migliori giocandosi il jolly dell’ennesimo antibiotico, della flebo di tocolitico, della vita ridotta a quello che si riesce a raggiungere con le mani senza alzarsi dal letto.
    Tenete duro, tutti. Tette incluse.
    Sono guerrieri… pure un po’ stronzi, se vogliamo dirla tutta, ma ne hanno tutte le ragioni. Buttati così a guadagnarsi la vita un respiro, artificiale o no, dietro l’altro.
    Ti abbraccio, da mamma “al dente” a mamma “al dente”.
    Ps. Ale ha 6 anni e mezzo, un disturbo dello spettro autistico, una spiccata predisposizione per la matematica, la stazza di un novenne e metà del mio cuore.
    L’altra metà è sua sorella minore… perché si, quando riescono così bene e combattono così tanto, poi si fa il bis (prima delle 23 😉 )

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  7. Agnese ha detto:

    Elia fra pochi giorni compirà tre anni, è quella sensazione me la ricordo benissimo. Solo che adesso è diventato un piacevole ricordo, la sua capacità di lottare per la vita e la nostra pazienza ci hanno aiutato a diventare oggi più forti e orgogliosi di una creatura unica e meravigliosa. Raramente ho conosciuto bambini come lui…e non solo perché è mio figlio! Pazienza e amore sono sufficienti per uscire dal tunnel della tin. Un abbraccio

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